Habita è un progetto audio visuale che vuole raccogliere in un unico filo narrativo le storie delle persone e delle comunità indigene rurali nel sud del Perù. Documentando le architetture, i suoni, i colori, e soprattutto le storie di vita di chi fa parte di queste comunità si vuole raccontare un territorio intero, in cui paesaggi e pratiche tradizionali ne fanno da padrone.

Gli strumenti utilizzati sono il viaggio e il suo racconto. Il prodotto finale un documentario. Per produrre il progetto possiamo partecipare tutti quanti attraverso il crowdfunding.

Il viaggio sarà fatto da Adriana, Ana e Antonio, tre persone con formazioni diverse ma con un interesse comune: il ruolo della memoria e della conoscenza del territorio nella costruzione di spazi di vita. Il racconto è “una storia di storie, in cui i protagonisti sono parte di un paesaggio e padroni della sua memoria”[1] e il documentario è la forma scelta per mostrare il tutto. Una scelta, questa, non casuale e che permette di aprire un momento di riflessione sugli strumenti che architetti e urbanisti possono utilizzare per rappresentare i luoghi.

Abituati da letture quantitative dei territori (indici demografici, cataloghi di beni paesaggistici e architettonici, quote altimetriche, etc.), l’approccio qualitativo proposto da Habita permette di radicare l’immagine e la costruzione dei paesaggi del sud del Perù nelle narrazioni sociali che compongono lo spazio fisico. In letteratura, vi è una distinzione canonica tra strumenti quantitativi (le carte tecniche ne sono il principale esempio) e strumenti qualitativi (le già citate “storie di vita”[2]) che produce una costante tensione tra le pretese di oggettività e l’incapacità di cogliere il tutto dal particolare. Le carte sono infatti uno strumento indispensabile per la progettazione ma è pur sempre vero che “la presa zenitale nega il punto di vista orientato e simula una visione olistica di fatto impossibile per l’uomo” rinchiudendo la rappresentazione a “uno sguardo indifferente alla sequenza di singoli punti selezionati” (Gabellini, 2006 cit. in Attili, 2007).

Esempio di carta tecnica. Rielaborazione propria a partire dalla base dati CTR.

Esempio di carta tecnica.
Rielaborazione propria a partire dalla base dati CTR.

Allora, quali strumenti usare per rappresentare le città e i territori? Senza la pretesa di dare una soluzione univoca sicuramente il prodotto audio visuale[3] riporta lo sguardo alla scala umana, riaccendendo sensi altrimenti inutilizzati e raccontando strutture sociali impossibili da cogliere con una semplice carta tecnica.

Il documentario Habita non è solo l’insieme di racconti di persone ma esso stesso diviene un nuovo racconto. Un percorso narrativo[4] come azione estetica di messa in valore del patrimonio materiale e immateriale e di rivendicazione di indipendenza contro le disuguaglianze globali tra territori. Un luogo posseduto attraverso simbolismi e pratiche sociali ancora vive nella cultura locale, raccontato sempre con uno sguardo al globale: la tutela dell’autonomia di queste culture garantisce la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente ancora incontaminato, messi a rischio dai moderni modelli di costruzione e di sviluppo economico.

Dalle civiltà paleolitiche ad oggi l’uomo ha da sempre costruito ordini territoriali radicati sulle tradizioni, orali e scritte, sulle pratiche di vita e sulle conoscenze delle popolazioni. Forse, per descrivere cosa sarà Habita, è opportuno fare un passo indietro e richiamare proprio una scoperta datata a più di diecimila anni fa. In una roccia custodita nel Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina, Val Camonica (Italia), le popolazioni indigene, e le successive civilizzazioni, mapparono il sistema di connessioni delle pratiche di vita quotidiana e dei luoghi che le rappresentavano. Una mappa molto diversa da quella a cui siamo abituati, in cui si leggono scene di uomini in piena attività o sedentari, capanne, scale, campi agricoli e zone per gli animali. Un territorio visto come sistema di azioni e oggetti materiali il cui racconto, inciso nella roccia, ci parla di percorsi di vita e di paesaggi antropizzati (Careri, 2006; Pallottini, 1985). Careri afferma che l’atto di percorrere un territorio è in se un progetto e in particolare il racconto dello spazio attraversato definisce una struttura narrativa per comprenderlo dalla prospettiva umana, più di tanti altri metodi (Careri, 2006).

Mappa di Bedolina, Val Camonica, Italia. Riproduzione delle incisioni ora custodite nel Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina.  Rielaborazione propria a partire da Careri, 2006

Mappa di Bedolina, Val Camonica, Italia. Riproduzione delle incisioni ora custodite nel Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina.
Rielaborazione propria a partire da Careri, 2006

La forma di rappresentare i territori non è cosa scontata e Habita dimostra come gli strumenti siano cambiati ma la necessità di raccontare i luoghi e di viverli tramite la loro narrazione sia la stessa.

Per descrivere Habita, oltre agli spunti qui proposti sull’efficacia degli strumenti narrativi e delle tecnologie audio visuali, si è preferito chiedere un racconto a chi, il progetto, l’ha ideato e lo realizzerà: Adriana, Ana e Antonio. L’intervista è indirizzata a uno dei componenti, Antonio V. Sotgiu, ma comunque rappresenta una risposta collettiva di tutto il gruppo.

 

Prima di tutto: chi siete e cos’è Habita?

Siamo tre, abbiamo una formazione distinta in contesti distinti, ma è l’interesse per la memoria ed il territorio che ci accomuna in questo progetto. Siamo già tutti e tre attivi attraverso azioni pratiche, performative, pubblicazioni su questi temi, ed abbiamo quindi deciso di unirci per intraprendere un percorso, insieme. Habita è infatti il segno dentro al quale stiamo man mano racchiudendo le nostre competenze e le nostre passioni, nonché l’imperativo che guida ogni nostro incontro, in ogni luogo. Consideriamo la Valle Sud di Cusco, in Perù, come punto di partenza per il progetto documentario, che guardando al futuro potrà proseguire e ripetersi in altri territori.

Il gruppo di Habita: Adriana, Ana e Antonio Foto di Ana Asensio

Il gruppo di Habita: Adriana, Ana e Antonio
Foto di Ana Asensio

Da dove nasce la necessità di intraprendere questo viaggio proprio nel sud del Perù?

La nostra collega Ana è stata in questi territori quattro anni fa (gli scatti con cui presentiamo il progetto sono suoi). Più di una volta ci aveva parlato di questi luoghi e della forte relazione tra le persone ed il loro intorno. Un contesto di forte dominanza ambientale, in cui si sono conservati particolari modi e pratiche dell’abitare. Ana ha deciso di tornare per uno studio approfondito sulle abitazioni rurali indigene della Valle e così, Adriana ed io, abbiamo deciso di approfittare dell’occasione per accompagnarla, per conoscere e documentare così da vicino queste peculiarità.

Valle sud di Cusco. Insediamento e paesaggio. Foto di Ana Asensio

Valle sud di Cusco. Insediamento e paesaggio. Foto di Ana Asensio

Che ruolo gioca la memoria collettiva nella costruzione e nell’immagine di un paesaggio? Ma soprattutto, perché è necessario garantire l’indipendenza di queste comunità e in che modo?

Ecco, questo dualismo tra memoria e indipendenza lo intendiamo come una formula indispensabile per rileggere il territorio, soprattutto nella confusione della nostra contemporaneità. La costruzione mentale e fisica del paesaggio avviene sulle tracce delle culture precedenti, che sono intervenute nello spazio attraverso azioni conseguenti a leggi ambientali, economiche e sociali, ma sempre nel rispetto del contesto. L’indipendenza di ogni comunità è sostenuta dalla loro stessa memoria, in quanto è nella loro conoscenza delle semplici pratiche quotidiane e nella costruzione del proprio spazio di vita che risiede il modo di relazionarsi in maniera organica con l’intorno.

Lavorazione tessile tradizionale delle comunità della Valle sud di Cusco. Foto di Ana Asensio

Lavorazione tessile tradizionale delle comunità della Valle sud di Cusco. Foto di Ana Asensio

Perché un documentario? Siamo abituati a studiare i territori sulle carte e sui libri, ma avete deciso di utilizzare un altro strumento per raccontare le comunità del sud del Perù.

Noi stessi ci stiamo preparando al territorio attraverso lo studio di carte tematiche, soprattutto quella geologica, mantenendo dunque un approccio tecnico. Ma, come puoi immaginarti, la vera esperienza d’apprendimento sarà sul campo, e lì saranno i sensi a comandare. Il formato audio visuale ci permette di raccontare molte situazioni, ad altezza umana, che sarebbero impossibili attraverso una carta o un testo. Cercheremo di rendere le lenti delle nostra strumentazione i nostri occhi, rispettando persone e luoghi che ci troveremo davanti.

Utilizzeremo comunque le nostre capacità comunicative per un diario di viaggio, raccontato settimanalmente attraverso disegni, foto e testi sui nostri canali web.

Il risultato finale sarà il documentario che sarà montato e pronto per la prima proiezione a Madrid nell’aprile 2018.

Tra l’altro, non so se il formato digitale di un racconto avrà la stessa capacità di conservazione delle incisioni nella Val Camonica, ma comunque…

 

Avete definito Habita una “costellazione” di racconti. Che cos’è e chi fa parte o può far parte di questa costellazione?

Incontreremo persone le cui storie di memoria ed indipendenza sono connesse da linee invisibili ma tracciabili dallo stesso progetto, come in una costellazione appunto. La forza di queste storie sta proprio nello stare tutte insieme, anche se lontane l’una dall’altra o dallo spettatore. Una costellazione per attivare la coscienza locale e la consapevolezza globale.

Momento di vita quotidiana in una delle comunità nella Valle sud di Cusco. Foto di Ana Asensio

Momento di vita quotidiana in una delle comunità nella Valle sud di Cusco. Foto di Ana Asensio

Che ruolo abbiamo noi in questo progetto condiviso?

Voi, noi, siamo persone che qualche storia la portiamo sempre dietro. Chiunque di noi sia custode di una esperienza legata alla memoria culturale è partecipe al progetto, in quanto portatore di sapere.

Cosa dovrebbe fare chi volesse partecipare al progetto? Avete richiamato l’attenzione della “gente curiosa”, ma è meglio spiegare come possiamo contribuire e cosa otterremo da Habita.

Essendo un progetto indipendente, la campagna del crowfunding è piuttosto rilevante per la riuscita del progetto solo per il fatto di consentire alla nostra squadra, munita di equipaggiamento tecnico, di raggiungere la Valle Sud di Cusco, consentire gli spostamenti, e tornare. Ad ogni cifra donata corrisponde una ricompensa, le quali comprendono oggetti unici, pezzi dell’esperienza vissuta. Tuttavia crediamo che quello che ogni donatore va ad ottenere da questo progetto sia qualcosa che va al di là delle ricompense previste. Fino ad ora in ogni habitante – ovvero ogni donatore – si è vista una certa sensibilità al tema, in quanto persone che condividono con noi gli stessi modi di pensare ed agire.

 

 Articolo di Marco Casu

Video Presentazione https://vimeo.com/231416394

Web: http://www.habitarelatos.com/

Crowfunding: https://www.verkami.com/projects/18440-habita-relatos-de-memoria-e-independencia

Contatti: habita.relatos@gmail.com / +34 697 587 959

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Bibliografia breve

Attili, G. (2007). Rappresentare la Città dei Migranti. Milano: Jaca Book

Careri, F. (2006). Walkspaces. Camminare come pratica estetica. Torino: Einaudi

Pallottini, M. (1985). Alle origini della città europea. Roma: Quasar

 

[1] Adriana, Ana e Antonio scrivono: “un cuento que empieza con un viaje y un mapa, y sigue con una historia de historias, en las que los y las protagonistas son parte de un paisaje y dueños de su memoria”

[2] Con “storie di vita” ci si riferisce a un particolare approccio biografico utilizzato principalmente in antropologia ed etnologia col fine di costruire una conoscenza generale di una data cultura tramite i racconti individuali di chi tale cultura la rappresenta.

[3] Attili descrive le possibilità delle tecnologie audio visuali concentrandosi sulla produzione di Ipermedia: un dispositivo che contenga diversi codici espressivi. Testi, filmati, animazioni grafiche, suoni e musiche, cartografie in movimento, questionari, fotografie, elaborazioni statistiche e altre forme di rappresentazione esistenti o da esplorare, possono, insieme, dare una visione più completa della diversità urbana attraverso un processo interattivo.

[4] Per riferimenti bibliografici sugli strumenti narrativi si rimanda a: Careri, F. (2006). Walkspaces. Camminare come pratica estetica. Torino: Einaudi;  Damonte, V., Gerardo, H. (2011). Construyendo territorios: narrativas territoriales aymaras contemporáneas, Clacso Grade, Lima;  Sabaté, J., Frenchman, D., & Shuster, J. M. (2004). Lugares con acontecimientos. Barcelona: Universidad Politécnica de Cataluña y Massachusetts Institute of Technology;  Sosa García, O. (2016). Fragmentos de identidad insular. Paisaje y cultura como herramientas para la planificación turística de Agaete y Alghero” in: Labor & Engenho, vol. 10, nº 3: 232-248, Campinas. In particolare ringrazio Omar Sosa García che, lavorando sui temi della narrativa territoriale, mi ha suggerito alcuni testi utilizzati in questo articolo.