“Ci sono frammenti di città felici che continuamente prendono forma, nascoste nelle città infelici” Italo Calvino, le città invisibili

Il progetto G124 promosso dal senatore a vita e architetto Renzo Piano (vedi il link: http://renzopianog124.com) sul rammendo delle periferie mi ha fatto pensare a quanto e come il lavoro fatto dalla squadra di Sardarch e Mano nel quartiere di Santa Teresa (Cagliari) e le tematiche sul consumo di suolo affrontate in questa rubrica, siano legate fortemente da una trama che disegna una nuova e possibile idea di città metropolitana. Un rammendo spesso non nasconde l’imperfezione ma sancisce una nuova vita per un abito o un vestito. Ed è quella che mi è parso di scorgere nei sorrisi delle persone di Santa Teresa durante l’iniziativa promossa da Sardarch e da Mano a Dicembre. Sorrisi e speranze che le periferie `ritrovino centralità nella vita di una città (se non geografica perlomeno sociale), che si sentano parte di una comunità sempre più grande e organica capace di sfruttare le risorse insite in ogni strada dell’area metropolitana. Per dirla con le parole di un sociologo come Paolo Crepet, modificare l’accezione del termine periferia: “.. dal punto di vista politico ed economico, i grandi cambiamenti in corso a livello globale negli ultimi decenni stanno sovvertendo ogni pregiudizio sul rapporto centro-periferia, accordando a quest’ultima il ruolo di traino, crescita e transizione positiva”.

Un processo di riqualificazione della città esistente che ben si coniuga con le problematiche sempre piu crescenti dovute al consumo di suolo e che spingono verso un modello urbano che punti fortemente verso una ridensificazione del tessuto urbano esistente. Ridensificazione che deve passare necessariamente da un rammendo delle periferie ma che non può farlo senza pensare di renderle sempre più “luoghi fecondi e felici”. I sorrisi come quelli visti a Santa Teresa sono concretamente un terreno molto fertile per raggiungere questi obiettivi affinchè le città possano trovare un nuovo sviluppo che non sia basato su una continua espansione ormai dimostratasi insostenibile sia da un punto di vista economico che sociale, bensì una crescita che sia implosiva.

Il professor Abis (consulente tecnico del gruppo G124 e professore di Sociologia dei media dello IULM e direttore generale del Centro Ricerche Makno & Consulting) spiega chiaramente come siano importanti nuovi indicatori sociali per capire quali siano le modalità di azione nelle periferie. Nuovi indicatori che vadano oltre quelli paradigmatici e standard, pur validi e necessari, per intercettare il disagio sociale e trasformarlo in ricchezza.

Una periferia a forte componente giovanile inoccupata (è il caso di Santa Teresa come risulta dallo studio demografico condotto da Andrea Zedda proprio su Sardarch: http://mag.sardarch.it/index.php/2014/il-contesto-demografico-di-santa-teresa-pirri/) deve essere ridisegnata seguendo e cercando luoghi fisici che possano incentivare l’innovazione e la creazione di nuove realtà imprenditoriali. Piccoli laboratori ed incubatori d’impresa che se messi in rete all’interno di aree metropolitane potrebbero rappresentare un importante volano di sviluppo (e Santa Teresa è gia dotata di luoghi al suo interno per favorire tale sviluppo: Exmè ed ex scuola). Si tratta a mio avviso di sfruttare ciò che il contesto ti può donare a livello di scienza e conoscienza per autogovernare nuove risorse già presenti all’interno delle periferie. Passare da una strategia difensiva re-attiva ai disagi presenti a quella pro-attiva di generatore ed incubatore di opportunità. L’esperienza della periferia del quartiere Ponte Lambro a Milano va in questa direzione (vedi il link: http://renzopianog124.com/post/93250625603/rammendare-la-periferia-con-i-laboratori-di).

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Tutto ciò richiede un atto di generosità ed umiltà anche da parte dei tecnici e progettisti nel sovvertire la gerarchia tra forma urbana e trasformazione sociale. Riappropriarsi della piccola dimensione anche in scala urbanistica può servire a questa trasformazione attraverso una declinazione dei principi urbanistici piu flessible ed empirica rispetto ad alcuni dogmi talvolti affermati sin dall’affermazione del Movimento Moderno. A Santa Teresa l’affissione di semplici ritratti fotografici degli abitanti del quartiere lungo una strada, ha dato il segnale di quale possa essere un percoso verso la riappropriazione identitaria degli spazi pubblici spesso dimenticati nelle periferie in favore di piu asettici (ma anche piu comodi) spazi virtuali. Lo stabile della scuola di Santa Teresa, ormai pressocchè abbandonato, può diventare il fulcro della rinascita sociale di questo quartiere.

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Il tema del riuso e della partecipazione diventa dunque fondamentale ai fini di un approccio olistico alla conoscenza fisica della città. Termine olistico che va inteso come paradigma percui il valore di un sistema non à mai riducibile alle semplice somma delle sue parti. Tradotto in termini urbanistici, un sistema territoriale metropolitano complesso, nel ricercare l’emersione di nuove opportunità e risorse, può stravolgere definitivamente la gerarchia tra centro e periferia ed incrementare il suo valore ed incidenza sul territorio. Da un punto di vista pratico ed economico gli interventi da fare, a Santa Teresa come in tante altre periferie italiane dovrebbero basarsi sulla strategia dei microcantieri che il giornalista Paolo Bricco suggerisce: piccoli interventi puntuali (di rammendo appunto) che aiutino a modificare la percezione estetica del quartiere e comunichino ai cittadini la presenza e la cura nella manutenzione delle strade e degli spazi pubblici. Una sinergia, in sintesi, tra sfera economica e sociale. I numeri del mondo dell’edilizia degli ultimi anni sono impietosi: si sono persi 800 mila posti di lavoro dal 2008 ad oggi nel solo mondo dell’edilizia. I “microcantieri” di rattoppo delle periferie (dalle semplici buche delle strade alla manutenzione dei prospetti dell’ediilizia pubblica sociale) possono rimettere in moto un intero settore con la politica del piccolo ma utile investimento. Ciascun euro reinvestito nella riqualificazione delle periferie produce un “benefit” sociale difficilmente quantificabile nell’immediato ma qualitativamente ottimo per il benessere ed il futuro della città e dei suoi cittadini. Occorrono dunque investimenti pubblici dedicati per sbloccare il settore. Il caso studio della rigenerazione urbana del quartiere di Librino, a Catania, (vedi il link: http://renzopianog124.com/tagged/librino) può essere il modello per tutta una serie di strategie da intraprendere a Santa Teresa e nelle diverse periferie del capoluogo Cagliaritano (in alcuni casi già intrapresi dall’amministrazione attuale): le scuole che si aprono alle attività extrascolastiche, la nascita di nuovi orti sociali e didattici, un investimento sulle attività sportive, un recupero e riuso delle sezioni stradali e la presenza di microcantieri unita ad una nuova attenzione verso il verde pubblico possono diventare le parole chiave di una rigenerazione urbana del quartiere.

Giovanni Messina