Da oggi e per i prossimi cinque appuntamenti gli “Outtakes” danno spazio alle fotografie e alle parole dei fotografi selezionati per il concorso “Sardegna Reportage”, indetto dal Museo MAN di Nuoro. Iniziamo con “Sa terra de sa memoria”, il progetto di Manuela Meloni dedicato al poligono militare di Quirra e meritevole della segnalazione da parte della commissione giudicatrice; Gian Luigi Colin (direttore artistico del Corriere della Sera e dell’inserto culturale “La lettura”), Paolo Curreli (redattore della pagina culturale de “la Nuova Sardegna”) e Max Solinas (giornalista, photo editor e fotoreporter dell’Unione Sarda) motivano con queste parole il loro apprezzamento: “le dieci fotografie presentate descrivono con rigore formale e sensibilità di sguardo lo strano connubio tra architetture militari e paesaggio agricolo, raccontando l’atmosfera “immutabile e sospesa” della vita delle comunità locali. L’importanza del tema scelto, specifico e universale allo stesso tempo, la qualità delle inquadrature, il fascino delle gamme cromatiche, la coerenza dei punti di vista, rendono questo progetto estremamente interessante e meritevole di attenzione”. Sino al 18 maggio “Sardegna Reportage” affianca al Museo MAN la mostra retrospettiva su Robert Capa.
Stefano Ferrando
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Quirra è una frazione di Villaputzu (CA) che si estende lungo la costa sud-orientale della Sardegna. Nata come zona agro-pastorale è divenuta alla fine degli anni ‘60 una zona mineraria importante per l’estrazione di arsenico e altri metalli pesanti. A partire dagli anni ‘50 in questo territorio si è insediata la più grande base militare sperimentale d’Europa, conosciuta come P.I.S.Q. (Poligono Interforze del Salto di Quirra). Essa si estende e coinvolge con le sue attività sia la parte terrestre che quella marina. La dimensione di questa servitù militare è di circa 200 chilometri quadrati creando una ferita nel territorio complessivo, uno spazio geografico all’interno del quale sono presenti una decina di comuni della provincia di Cagliari e di Nuoro.
L’insediamento del poligono ha determinato l’esproprio di terreni e case a danno degli abitanti che vi risiedevano e che avevano attività da innumerevoli generazioni; nonostante ciò è stato concesso di continuare a svolgerle, costruendo di fatto un’effettiva convivenza tra società civile e servitù militare. Il risultato delle azioni di sfruttamento indiscriminato prima e del successivo abbandono poi hanno bloccato il regolare sviluppo economico e sociale confinando gli abitanti in una sorta di limbo dove nulla può cambiare, dove la gente invecchia e si estingue in un’atmosfera immutabile, sospesa.
Quirra rappresenta un caso esemplare per poter comprendere in profondità le problematiche che possono scaturire dalla presenza di un poligono militare. Una condizione che nello specifico viene esasperata dagli esperimenti militari di cui gli effetti si intravedono ora a distanza di anni e anni. Uno spazio fisico dove ormai si cominciano a sovrapporre, a partire dagli ultimi sessant’anni, i segni e le tracce di un passato che arriva ai nostri giorni in modo problematico e che si contrappone alla memoria nobile, alla testimonianza di chi ha l’amore e il coraggio di abitare quel territorio.
Storie e testimonianze di quella particolare umanità avvinghiata disperatamente all’idea di uno sviluppo equilibrato, alla speranza di una ricomposizione di questo dissidio per uno sviluppo futuro che restituisca questo paradiso in terra alle nuove generazioni. Ho scelto di raccontare Quirra attraverso“l’abbandono”, non per far vedere ciò che c’è ma per raccontare la sua atmosfera sospesa e il rapporto molto forte tra persone e territorio.
Il lavoro è molto più ampio dei dieci scatti scelti per “Sardegna Reportage”: all’interno del progetto ho alternato immagini evocative ad altre simboliche e didascaliche con lo scopo di lasciare uno spazio di pensiero e d’immaginazione per lo spettatore.
L’approccio conoscitivo del caso Quirra è stato fondamentale in questo lavoro, così come l’aiuto di tutte le persone coinvolte che si sono aperte dandomi tanta fiducia e lasciandomi entrare nella loro quotidianità: senza loro non avrei potuto mai lavorarci. Ho mappato tutte le zone coinvolte tra il poligono a terra e quello a mare, suddividendo per comuni e per aree interdette del poligono; detto ciò ritengo questo lavoro non ancora concluso, e come tutte le storie complesse che vanno approfondite merita ancora del tempo e ancora tanti sguardi.
Manuela Meloni
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contatti: http://cargocollective.com/manuelameloni
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