“Chiedendomi qual è la differenza fra un fotografo corrispondente di guerra e un qualsiasi altro soldato in divisa, risponderei che un fotografo di guerra gode di un maggior numero di drink e di belle ragazze […] ma a un certo punto del gioco, avendo la possibilità di scegliere, il suo dilemma è se continuare o comportarsi da vigliacco, sapendo che non finirà per questo di fronte al plotone di esecuzione. Il corrispondente di guerra mette in gioco la sua vita con le proprie mani, può puntare la posta su questo o… Sono un giocatore. Decisi pertanto di andare con la compagnia “E” nella prima ondata.”- Robert Capa, “Leggermente fuori fuoco”, Contrasto
Si è inaugurata il 7 marzo la mostra che il Museo MAN di Nuoro dedica al padre del fotogiornalismo, “Robert Capa. Una vita leggermente fuori fuoco”, titolo che riprende quello dell’autobiografia del fotografo ungherese e legato – con l’ironia che lo contraddistingueva – alle fotografie dello sbarco in Normandia, tanto memorabili quanto poco nitide.
La selezione di quasi cento fotografie copre i momenti più significativi di vent’anni di una carriera straordinaria, interrotta nel 1954 da una mina anti-uomo in Indocina, durante l’ennesimo reportage dalle zone di guerra. Capa incarnava alla perfezione lo spirito di quello che Fred Ritchin in “Bending the frame” definisce il “fotografo intrepido”, un professionista che mette in campo il suo coraggio per restituire al resto del mondo tutto ciò che c’è da vedere.
Foto © Stefano Ferrando
Con la collaborazione di Magnum Photo e di Contrasto la mostra offre con un allestimento elegante e impeccabile una sequenza di frammenti del Novecento, alcuni dei quali delle vere icone del “secolo breve”: percorrendo l’itinerario espositivo si rimane rapiti da fotografie come “Discorso di Leon Trotsky” (1932) o “Morte di un miliziano lealista” (1936), ci si interroga su quali limiti porti a superare l’onestà nei confronti della propria professione di fronte a tre delle “magnifiche undici” scattate durante lo sbarco delle truppe americane a Omaha Beach nel 1944 o, ancora, ci si lascia catturare dallo sguardo ironico e sornione di Capa stesso, nel ritratto che chiude la mostra, ultima foto anche del ciclo di tre esposizioni che il museo MAN ha dedicato ai fotografi dell’Agenzia Magnum (prima di Capa, Henri Cartier-Bresson e Werner Bischof).
Foto © Stefano Ferrando
Alla retrospettiva dedicata a Robert Capa è affiancata l’esposizione di sei tra i centoventi progetti che hanno partecipato al concorso “Sardegna Reportage”, indetto a gennaio dal MAN con l’intento di “ricercare una visione aggiornata sulla Sardegna di oggi, privilegiando lavori originali, lontani dai luoghi comuni e dai cliché della tradizione locale”. I progetti di Manuela Meloni (La terra della memoria, segnalato dalla giuria), Alessandra Cecchetto (Cleopatra Uras), Elisabetta Loi e Sergio Melis (Ogliastra Informa. Il coraggio di una madre), Stefania Muresu (Luci a mare), Giuseppe Onida (Sardegna) e Stefano Pia (Penne di quaglia) vengono esposti nel prestigioso contesto del museo nuorese nel rispetto di una delle mission proprie del MAN, quella di valorizzare i giovani talenti dell’Isola.
Ed è a questi sei fotografi che abbiamo chiesto di raccontarci qual è stato il loro approccio ai temi affrontati e la spinta che li ha portati a vestire i panni dei “testimoni professionali di cui una comunità ha bisogno per avere costantemente a disposizione gli elementi necessari a prendere le proprie decisioni in modo informato e responsabile”, offrendo delle immagini che portano a chiederci: “che succede lì?”
Stefano Ferrando
Foto © Stefano Ferrando
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