Lunedì 14 Aprile, Arnaldo Cecchini (Direttore del D.A.D.U. di Alghero), ha tenuto una conferenza presso l’aula magna della facoltà di architettura di Cagliari dal titolo “La forza dei territori deboli”, richiamando un importante articolo del sociologo americano Mark Granotter, intitolato “la forza dei legami deboli” (The strenght of weak ties). Attraverso un approccio disciplinare strettamente legato alla sociologia, accompagnato da tabelle e numeri ( con la quale ha una certa familiarità, visto la sua laurea in Fisica), “Bibo” Cecchini ha offerto numerosi spunti di riflessione, problematiche, etc, su aspetti che possono incidere e d influenzare, nel bene e nel male, un territorio, in particolare se relazionato con il gruppo sociale che lo abita.
La sociologia contemporanea, anche se con declinazioni differenti, concorda nel sostenere l’importanza del capitale sociale nello sviluppo di una comunità. Ma cosa s’intende con questo termine? Come spiegato dal professore, con questo termine intendiamo una serie di regole, consuetudini, relazioni, saperi, etc., in seno ad un determinato gruppo; maggiore sarà il capitale sociale, maggiore sarà la qualità di vita, la coesione e la crescita di esso. Esistono società in cui questo fattore è consolidato (in Italia si potrebbe fare riferimento al nord del paese), e altri territori invece, in cui potremo definirlo debole, o non sufficientemente sviluppato, o magari valorizzato ( si pensi a certe zone del sud Italia). In questi ultimi, per invertire la tendenza, sarà necessario creare la cosiddetta massa critica, e cioè, quel numero minimo di persone capaci di far scattare una reazione a catena (T. Schelling) che farà sviluppare questo capitale.
Al giorno d’oggi, le persone si muovono molto di più di un tempo, e giustamente Cecchini s’interroga quanto i “residenti temporanei” (studenti fuori sede, turisti, immigrati, emigrati, etc.) possano costituire massa critica. La risposta è sostanzialmente affermativa, ma ovviamente bisogna capire come gestirlo e veicolarlo, creando sinergia anche con una altro aspetto fondamentale nello sviluppo delle comunità: i suoi valori identitari, ponendo così le basi per un necessario sviluppo sostenibile (declinato secondo il paradigma sociologico, oltre che ecologico). Tuttavia, quando si parla d’identità bisogna sempre essere cauti, poiché in certi casi, può diventare un elemento di conservazione e di chiusura verso l’esterno, bloccando lo sviluppo di una determinata società (come aveva già intuito a metà ottocento C. Cattaneo), e rischiando di sfociare in atteggiamenti d’intolleranza e nazionalismo.
Tutte queste questioni, qui sintetizzate, come si relazionano con il caso sardo, e in particolare con gli aspetti che maggiormente c’interessano, e cioè le tematiche culturali e dell’architettura?
Ovviamente si tratta di tematiche molto complesse, alla quale è difficile dare risposte concrete in poche righe, e se non con un confronto ampio, che coinvolga molteplici attori, ma è comunque possibile fare delle considerazioni.
Un aspetto molto interessante emerso durante la conferenza, ha messo in luce come in Sardegna, il turismo sia estremamente stagionalizzato, comportando dei notevoli problemi, quali lo squilibrio di presenze tra zone costiere e zone interne, concentrazione di presenze in un periodo breve dell’anno, e dunque, creazione di posti di lavoro per pochi mesi l’anno; è evidente, che questi aspetti gioveranno poco alla formazione del capitale sociale. Da molto tempo si sente parlare della necessità di destagionalizzare, diversificare l’offerta, fare sistema, creare sinergia nel territorio, etc., ma concretamente cosa si fa? I tentativi di fare qualcosa in tal senso ci sono, e alcuni anche abbastanza positivi, come gli eventi del circuito Autunno in Barbagia e Cortes Apertas, riuscendo a portare visitatori in un territorio poco interessato dai grandi flussi turistici estivi, facendo “rete” nel territorio, e mettendo al centro dell’offerta le peculiarità identitarie e culturali del luogo. Tuttavia, bisogna rilevare come sia qualcosa di molto legato all’evento, che interessa la comunità in un periodo comunque limitato, che aiuta a scoprire i paesi delle Barbagie, ma sicuramente non è sufficientemente determinante nella creazione di una massa critica, o ancor più di un capitale sociale, senza generare uno sviluppo consolidato.
Come associazione CULTARCH, nel mese di marzo, abbiamo fatto visita al Museo della Fondazione Nivola di Orani, che come tristemente noto, dopo il taglio dei fondi al comparto culturale previsto dalla precedente giunta regionale, rischia la chiusura. È ovviamente un dato drammatico, soprattutto se pensiamo che sarebbe frutto di una scelta politica “ragionieristica” fatta dalla massima istituzione regionale sarda. La perdita di un sito di tale valore sarebbe devastante, in quanto, in caso di chiusura, la collezione dovrà tornare negli Stati Uniti (dove l’artista oranese visse, e dove la sua produzione artistica è tutt’oggi molto apprezzata), impoverendo il territorio economicamente, ma anche è soprattutto culturalmente.
Il caso del museo Nivola, probabilmente è solo la punta dell’iceberg, in quanto, stando alle disposizioni regionali, le uniche strutture dell’isola che non rischiano di scomparire, sarebbero il MAN di Nuoro e la Galleria Comunale d’Arte di Cagliari (come emerso in una conferenza tenutasi ad Ales a febbraio e organizzata dagli addetti ai piccoli musei e siti archeologici dell’isola), con la perdita potenziale di, una migliaio di posti di lavoro, disperdendo un incredibile patrimonio di conoscenze e professionalità.
Alla luce di questi fatti, e di quanto emerso nella conferenza di Arnaldo Cecchini, risulta chiaro che il sentiero imboccato non è quello giusto; il rischio di cancellare una buona fetta di capitale sociale di cui la nostra terra dispone è alto, recando gravissimi danni, specialmente in questo momento molto particolare, di forte crisi economica e sociale della nostra isola, ma che al contempo vede la sua città più importante, candidata a diventare ( e con buone possibilità di riuscirci, come tutti noi ci auguriamo) capitale europea della cultura 2019.
Concludo augurandomi che i presupposti della nuova giunta regionale, di puntare fortemente su cultura e istruzione, si concretizzino e non rimangano slogan da campagna elettorale.
Paolo Meloni
CultArch
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