Da dove partire, nell’approccio al “mondo di fuori” da parte di uno studente d’architettura?

Dal dato statistico , forse.
Il  contesto isolano presenta pochi abitanti divisi in molti centri lontani tra loro.
Centri di un età media sempre più alta, dove la crescita demografica è spesso dovuta all’immigrazione. Immigrazione che porta le complesse implicazioni sociologiche di un mondo più stratificato, sovente appiattite e sottostimate, oppure nascoste sotto lo scudo dell’ospitalità.
Le coste, i confini della regione, sono e continuano ad essere assaltati a mano armata: cemento e PPR le due costanti. Sulle pratiche politiche della loro gestione, sintetico sommario è offerto dalle “creative” trovate che invadono Golfo Aranci, dove si prospetta una crescita mediante trovate-turistiche/boutade slegate dalla realtà sarda e avulse da essa[1]. Kitsch e genericità diffusa proiettati verso il (non chiaro) miraggio del turismo. E gli emiri alle porte. Alle solite.

Altro punto di partenza nell’approccio al contesto: la cronaca.
Quella più recente verte sull’ “11 settembre sardo”  [2] (titolo ripreso dalla stampa locale, a sua volta ripreso da alcuni commenti presi da – un non specificato – web ), ovvero gli eventi che hanno lasciato dietro il silenzio assordante del fango, della distruzione fisica, del dolore delle vittime. E della gestione fisica e politica di territori dei quali si è detto molto, e nei quali permane il fango (non solo materiale).
La cattiva gestione riguardo un importante patrimonio collettivo, l’edilizia scolastica, è cronaca recente anch’essa: l’indagine di Legambiente [3] sulla qualità edilizia scolastica vede Nuoro e Sassari chiudere la classifica dei capoluoghi di provincia censiti (81esima e 84esima posizione, con un punteggio di oltre tre volte inferiore di quello cagliaritano, 68esimo, e di quasi 5volte inferiore a quello di Olbia, prima sarda a metà classifica). Senza dimenticare i crolli nei licei che unificano capo di sopra e capo di sotto.

Guardare l’abitato, invece, con le sue differenze e diversità.
Dentro i centri urbani invece, le espansioni novecentesche insistono nel loro essere vicine ai cosiddetti centri storici: rispondenti a vecchie logiche di mobilità, subiscono traffico e progressivo svuotamento a causa del canonico impoverimento dell’offerta commerciale. Nonostante qualche provvedimento circa la mobilità[4].
Al di fuori di essi, le zone industriali, sono sempre più zone (squallide) e sempre meno industriali; Il trionfo del capannone, prefabbricato multiuso e polifunzionale ( con buona pace degli esteti: il grande scisma del 900 è quello della”polifunzionalità” sfrenata senza legami interno/esterno – Koolhaas docet).
Parti di suolo consumato con l’edificazioni di parallelepipedi oggi ospitante cineserie, domani servizi finanziari, ieri officina meccanica ( ieri e officina non casuali: la crisi delle PMI è chiaramente emergenza nazionale).
Periferie non troppo lontane, per impostazione e anche fisicamente (almeno, nel caso di Sassari), alle attuali zone residenziali fatte di villette-coi-tetti-a-falde. Quartieri dormitorio lontani dalle esperienze storiche di garden-towns; dormitorio slegato completamente dalla produzione e dal lavoro, ovviamente.

Il trionfo di un raggruppamento di tante piccole lobotomie architettoniche  costruita con repertorio da tempio greco, tinte pastello e scarsa dotazione di servizi (ridotta e attestata su un capannone/scisma comprendente supermarket/tabacchi/bar). Il rapporto con l’ambiente si riduce, per la meglio, a un parco con due altalene. O a un cortile con alte recinzioni.

 

Panorama _Zona industriale - Sassari, 2012 - foto dell'autore

Panorama _Zona industriale – Sassari, 2012 – foto dell’autore

 

Il diritto alla casa è stato trasformato nel frattempo (da abili maghi, nell’ultimo decennio) in padroni in casa propria. Slogan ripetuto ossessivamente fino a diventare utopia sociale e consumo di suolo, che si compie nella creazione di interi paesi dormitorio, o di mansarde [5]. Condonati o da condonare, si vedrà con calma.
Mentre il grande problema del campo nomadi, problema politico e urbanistico, viene continuato a tacere.

Senza contare l’esito delle Regionali che si avrà a breve; speranza o condanna, assoluzione o delitto dipende solamente dai punti di vista.

 

… e quindi:

Non vivere in un contesto architettonicamente ricco e attivo, in continua decadenza e con gravi lacune pianificatrici/gestionali, eppure progettare soluzioni per questo territorio, ma non solo.
Il contesto nel quale il primo ateneo di architettura di Italia (secondo il Censis) si confronta, è questo.
Il fare (paventato nel motto dell’imparare facendo ) deve partire da queste considerazioni, per non perdere il contatto con la realtà.
Soluzioni per una scala coerente con il territorio, soluzioni ardue,  lontano dai grandi contesti e dai grandi palcoscenici.  Soluzioni nella piccola scala. Per un motivo o per un altro, non troppo legate alle nuove tecnologie e a un mondo in crescita.

Soluzioni che mai dovrebbero prescindere da un certo background culturale fatto da certe referenze teoriche. E da letture e stimoli imprescindibili, fondamentali. E’ sensibilità critico- architettonica anche sapere ciò che sta’ intorno all’architettura, a vari livelli: il legame tra le cose, i perché, le storie. Lo sguardo storico.
Ma la loro presenza nell’ambito dei corsi, non è sempre garantita[6].
Queste lacune nella formazione dell’architetto, sono compatibili con questo contesto, oggi?
Che tensioni ne derivano, nel futuro progettista?

 

Lavoro Durante ONU Blocco di Progettazione all'Asilo Sella

Lavoro Durante ONU Blocco di Progettazione all’Asilo Sella

In ogni attività artistica concorrono due qualità dell’individuo: la capacità innata e le conoscenze acquisite e intuite. Quanto più queste due qualità si manifestano e si bilanciano, tanto maggiore sarà il valore dell’opera d’arte creata. Hans Makart aveva più capacità innata che scienza appresa, mentre in Gottfried Semper era vero il contrario. Per gli architetti, nella maggior parte dei casi, predomina il modello semperiano, a motivo dell’enorme quantità di nozioni che sono costretti a studiare e assimilare. I pittori e gli scultori possono raggiungere il successo anche senza un travaglio culturale; ciò è impensabile nel caso degli architetti.

Otto Wagner, Moderne Arkitektur , Wien, 1891 – in Otto Wagner, Architettura Moderna e ALTRI Scritti, a cura di G.Samonà, Zanichelli, Bologna, 1984.

Federico Puggioni, Redazione Arkimastria


[5] “E frai beni ambientali c’è la terra, che anche quando di proprietà privata contiene una porzione di pubblica utilità che non può essere sottratta solo perché «si è padroni in casa propria».” http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/17/quel-che-resta-dellambiente.html?ref=search