CONFERENZA IGNACIO MENDARO CORSINI – 13 GENNAIO 2014
Facoltà di Ingegneria e Architettura di Cagliari
Ciò che affascina, e contemporaneamente crea mondi paralleli del fare architettura, è il come essa venga concepita. Tutto quanto infatti sia possibile dire del prodotto giunto a compimento non è disgiungibile dalle modalità con cui esso vi è stato condotto; tale relazione imprescindibile rende il momento del progetto fase di massima importanza, la cui analisi piega l’esperto su infinite declinazioni.
L’architetto Ignacio Mendaro Corsini, chiamato lo scorso 13 Gennaio a tenere una lezione presso l’Aula Magna di via Corte d’Appello, regge l’intero discorso sull’unico filo dell’architettura quale mezzo. Piuttosto che fine ultimo, in un complesso sistema di cui partecipa la componente più intima del soggetto, l’oggetto architettonico viene presentato infatti sotto forma di dialogo, mediatore implicito tra molteplici variabili; il titolo della conferenza, L’inizio di un progetto, sottolinea tale concetto attribuendo ai mutevoli fattori ruolo basilare all’interno del processo.
Tuttavia spiegare il come dell’architettura attraverso le parole, soprattutto quando esse oscillano tra spagnolo e italiano, diventa operazione lunga e spesso ridondante: l’architetto affida dunque al progetto il suo proprio linguaggio, lasciando che da volumi e materiali fluiscano le risposte dell’intervento, attraverso la presentazione del rinomato Archivio municipale di Toledo e dell’embrionale Archivio storico di Oaxaca.
Occorre pertanto dare una prima nonché essenziale enunciazione riguardo la natura della fase progettuale; Corsini introduce l’argomento definendo, dunque anzitutto de-limitando, l’oggetto in esame: necessità e forma, all’interno della prassi sperimentata dall’architetto, vengono introdotte quali costituenti rispettivamente la materia iniziale plasmabile e quella finale plasmata. Immediata deduzione è pertanto l’allontanamento volontario dal formalismo, in virtù di un’immagine deformata sui bisogni da cui il progetto ha origine; ma concetto ancora più importante è quello che riguarda da vicino l’essenza di tali bisogni, il dove da cui scaturiscono. Questo, prima di ogni altra cosa, costituisce base potenzialmente qualitativa in diretta, e stretta dipendenza con gli attori che decide di includere: quanto più la necessità si presenta policroma, tanto più la forma avrà le sfumature del sentimento. La presenza attiva del committente è ovviamente necessaria, sebbene il rapporto costruttivo s’instauri nel momento in cui essa non diventi impositiva: massima importanza è affidata a un’idea che quindi non sia esteticamente determinata, ma chiara.
L’architetto sottolinea in questa fase l’importanza costitutiva del fattore emozionale il quale non viene imposto al come, bensì scaturisce dall’idea modellata sulla voce del luogo; resa la forma un risultato piuttosto che rappresentazione mentale figurata, il suo compito diviene quello di cercare lo spazio, parlare per necessità, assecondando una funzione che tuttavia non si riduce a contenuto: la forma dialoga con il suo contesto proprio in virtù della consequenzialità che la vuole da esso originata. Lo spazio che da questa interpretazione morfologica è generato si configura pertanto quale presenza implicita, preesistenza muta che ha a che fare con le domande del luogo e i suggerimenti della funzione: l’unico compito dell’architetto è quello di ascoltare, consapevole dell’intrinseco difetto per il quale ogni istanza sarà immancabilmente rilevata attraverso il filtro delle proprie ossessioni di essere umano. Difetto, de-siderio e quindi mancanza, che è poi in effetti la sostanza del sentimento. In questo modo Ignacio Mendaro Corsini induce a un ragionamento sottile sullo spazio, scansando i falsi e claustrofobici sinonimi di area e volume a favore di un approccio sensibile; lo spazio è il protagonista segreto dell’architettura, il fattore che, calibrato sulla sezione e non sulla pianta semplice indicatrice di funzione, è capace di apportarvi il lusso. Conferendogli un titolo direttamente derivante dalla componente intima prettamente umana, egli sottolinea quanto la realtà architettonica sia interna all’uomo piuttosto che costituente un suo ammasso d’involucri. E’ così dunque che la curiosità si fa percorso e vetro, lo stupore muro e la meraviglia gioco di luci e ombre: la componente materiale non è che traduzione, e come tale deve essere declinata in maniera perfetta sull’anima. Per questo motivo la sua scelta diviene passo fondamentale, che richiede un’analisi attenta sul rapporto che essa anche storicamente instaura con l’abitante e il contesto abitato. E’ ad esempio questo il caso dell’Archivio municipale di Toledo: esso si adagia sul fianco della Chiesa adiacente integrandone la struttura, nonché assimilandola a vero e proprio documento, e divenendone basamento. L’estetica, fatta di sfumature e proporzioni, è docile nei confronti della preesistenza. La pietra ne ricalca il senso di possenza.
Prospetto dell’Archivio di Toledo; Disegno di Ignacio Mendaro Corsini
Tutto, durante questa lezione, è stato dichiarato attraverso le immagini; la grande capacità dell’architetto è stata proprio quella di utilizzare ciascun disegno per inviare all’ascoltatore un preciso messaggio. Il progetto per l’Archivio a Oaxaca, commissionato dalla soprintendenza in seguito al risultato conseguito con quello di Toledo, ricalca in maniera perfetta gli assunti formulati riguardo l’inizio del progetto. Esso, giunto alla fase finale del come, già si presenta concerto di necessità, funzioni ed emozioni, a partire dalla cantera verde tipica della città modellata a protezione dei documenti storici messicani. Entrare in contatto con la modalità di percezione dell’architettura proposta da Ignacio Mendaro Corsini si profila, in conclusione, esperienza utile se non addirittura necessaria all’arricchimento culturale del futuro progettista.
Alice Agus
CultArch
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