2° Scuola Estiva Internazionale di Architettura. “Sardegna. Il territorio dei luoghi”. VERSO LA CITTÀ MURATA
Quest’anno si è svolta la seconda edizione della Scuola Estiva Internazionale di Architettura, promossa dall’Università di Cagliari, che si è spostata dalle delicate tematiche del Sulcis a quelle ancor più problematiche di Cagliari. Anche questa edizione ha visto partecipi nomi illustri dell’architettura e dell’arte come Hans Kollhoff, Jordi Bellmunt, Enzo Cucchi, Armando Milani e Alberto Campo Baeza.
Condotta sempre da Nicola di Battista, la Scuola quest’anno si proponeva di ripensare, analizzare e progettare tutti quei luoghi che circondano le mura di Castello e proporre delle soluzioni progettuali per la risalita. Si è chiesto infatti di spostare il punto di vista dal quartiere storico per eccellenza al suo intorno cercando di stabilire una connessione fra la parte alta, ovvero il quartiere di Castello, e la parte bassa della città formata dai quartieri storici di Villanova, Stampace e Marina. Si chiedevano proposte specifiche capaci di arginare i grossi problemi di gestione e promozione degli spazi della città; si chiedevano progetti concreti e fattibili.
A porre i quesiti e i relativi problemi vi era una vasta serie di attori autorevoli, entusiasti per l’iniziativa, che esponevano inoltre la propria visione e relativa proposta concettuale ed operativa. L’eterogeneità di visione non ha innescato però un circolo virtuoso ma è stata un ostacolo. Durante le prime tre giornate infatti si è accumulata una quantità tale di proposte, tutte discordanti tra loro, che ha costretto gli studenti ad agire secondo il principio del “impara l’arte e mettila da parte”.
Arrivava perciò dall’esterno l’incarico di rispondere a tutta la moltitudine di queste richieste unite inoltre a quelle che già il workshop chiedeva. Il coinvolgimento studentesco ha avuto dunque da un lato un’assunzione di responsabilità diretta per rispondere adeguatamente alle richieste ed essere all’altezza dei temi trattati, dall’altro ha contenuto al suo interno un clima di forte pressione e, nella fase finale, di vera e propria tensione. Questa tensione, oltre ad essere stata percepita dagli studenti, è stata assimilata anche dai docenti interni alla scuola che hanno ampliato tale percezione non aiutando l’attività di ricerca e progettazione da parte degli studenti in termini di stimoli, di creatività e d’inventiva.
Gli studenti sono entrati così a far parte di meccanismi interni alla scuola che li hanno visti quasi in secondo piano, danneggiando quello che fino alla precedente scuola estiva si pensava un ottimo luogo per lo scambio di idee, di dialogo internazionale e di crescita personale. Memori della precedente edizione, contraddistinta da una spiccata vitalità nell’ambiente di lavoro e da un programma vivace e fresco, molti si sono iscritti, quasi a scatola chiusa e con precise aspettative, pubblicizzando essi stessi le potenzialità di questo evento con una grande carica di entusiasmo verso quel momento dell’anno in cui si poteva svolgere lo studio dell’architettura con una ventata di aria fresca proveniente dalle altre realtà universitarie. Con la diminuzione del numero di studenti (da circa 60 a 45), tra l’altro tutti provenienti dalla stessa facoltà (e quindi con metodo e pensiero molto simile), ma quello dei professori ed affini costante, si è assistito alla trasformazione della Scuola degli studenti in quella dei professori.
Nonostante tali problematiche, ogni atelier della Scuola è riuscito a rispondere al carico di richieste iniziali in maniera ottimale, dando, nel complesso, delle visioni innovative per il superamento di questa città murata, la rocca fortificata simbolo di una storia centenaria. Tematiche al centro dello studio sono state le zone dell’anfiteatro romano, la fossa di San Guglielmo e via San Giorgio, l’intorno della chiesa di Santa Chiara, il bastione del Balice ed infine il Terrapieno. Queste sono zone al centro dell’attuale dibattito politico e che hanno visto lo studio di soluzioni architettoniche puntuali e incisive che davano proposte valide in molteplici campi.
Nella storia, l’evoluzione urbana è sempre stata leggibile con un certo grado di continuità e omogeneità. La forma urbana e la gerarchia dei luoghi si definiva in base a fenomeni sociali ed economici facilmente riconoscibili. Oggi invece occorre trovare una nuova lettura della città contemporanea o per meglio dire del “territorio-città”. Si è voluto trovare un modo ‘diverso’ per guardare le cose, un modo che ne palesi l’eterogeneità, attraverso l’analisi di fatti urbani, in minima parte tenendo a mente l’aspetto storico, ma principalmente osservando l’attualità. Il dibattito sulla città contemporanea ritorna quindi sul valore di figure architettoniche chiuse e compiute come regolatore della città generica, riproponendo il progetto architettonico come strumento per il disegno della città contemporanea.
Cinzia Sechi, CultArch
Stefano
novembre 26
E in merito al successo delle attività collaterali alla Scuola?