“Il Prof. Arch. Luca Merlini (Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris-Malaquais, France), nell’ambito del Dottorato in Architettura, nei giorni venerdì 01 marzo e lunedì 04 marzo 2013, ha impartito a Cagliari le conferenze: Trilogie del progetto, Il Grand Tour. Spiaggie e spigoli.”
http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=21669&iso=614&is=7
Non è un caso che il tema della visita a Cagliari di Luca Merlini, architetto svizzero e professore presso l’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture di Parigi, sia stato sintetizzato nel titolo “Couples électriques”. Il suo lavoro e il suo approccio sono infatti permeati di questo costante concorso tra elementi contrastanti che, grazie a qualcosa di speciale tra loro, stimola la liberazione e crescita reciproca di una forma di “elettricità” e gli permette di trovare un concerto insospettabile che si rivela essere un punto di forza per rendere i suoi progetti dei racconti d’architettura sorprendentemente compiuti.
Come giustamente è stato introdotto durante uno degli incontri, infatti, Luca Merlini si avvicina al suo pubblico come un narratore, la riflessione che vuole suggerire non è immediatamente disponibile, come un teorema, un insegnamento. Il racconto si costruisce attraverso paradossi e situazioni anche visionarie che lasciano l’ascoltatore a tratti smarrito, confuso ma che tutto ad un tratto si sciolgono in una soluzione brillante ed inattesa che mostra, come in una trama elegante, la conclusione cui si tendeva, senza imporla, ma come logica conseguenza di un discorso articolato.
É questo il modo tramite il quale il maestro celebra la complessità necessaria dell’architettura e scherza sul labirinto che l’esercizio della professione rappresenta e che ciascuno poi complica seguendo i mille corridoi della “macchina del progetto”, la metafora che elegge ad illustrare il processo di concezione e la realizzazione di ogni opera. L’architetto si trova a dover percorrere senza guida una via nel labirinto di vincoli personali, formali, amministrativi che un progetto impone e percorrendo i corridoi di questo labirinto-macchina opera le sue scelte e abbraccia soluzioni che sempre impongono un conflitto tra elementi che è nel suo ruolo professionale saper coniugare in modo costruttivo, cercando di raggiungere la meta abbastanza velocemente ma senza rinunciare al tempo necessario per elaborare una riflessione compiuta, avendo cura per la forma ma avendo l’onestà intellettuale di ottemperare alle necessità della funzione cui l’edificio è destinato, integrandola (Merlini stesso racconta divertito come la stampa avesse accolto con sorpresa un suo progetto per un ospedale che oltre ad avere qualità formale era anche rispondente in modo eccellente alla sua funzione).
Quella che viene offerta agli interlocutori è infatti una lezione di metodo, di raffinato metaprogetto condotto per antitesi ricorrenti che però concorrono ad un unico risultato. E anche “interlocutore” e “lezione” è un’antitesi che però rende l’esperienza didattica con Merlini estremamente proficua ed efficace, fatta non di trasferimento passivo di conoscenza o opinione, ma di dialogo stimolante e in cerca di soluzioni originali.
Il primo incontro ha messo in luce quali relazioni siano necessarie tra diversi fattori progettuali apparentemente in contrasto tra loro e in che modo siano proprio questi contrasti a far scaturire l’originalità di ciascuno. Attraverso la proposta di alcune “trilogie” di elementi e di progetti ad essi associati Merlini ha illustrato magistralmente come partendo da soggetti comuni, si possano elaborare i temi in modo da ottenere tesi sensibilmente distanti tra loro (e a questo proposito sono stati citati i padiglioni estivi della Serpentine Gallery di Londra, allestiti ogni anno da un architetto diverso e che sono la prova di come l’oggetto “padiglione”, possa essere declinato in modi sempre originali abbracciando i temi più variegati e magari anche apparentemente contrastanti con l’archetipo base del padiglione espositivo e di servizio). Un esperimento sul tema dell’originalità è stato proposto agli studenti durante un workshop: ciascuno doveva scegliere una casa esemplare, ad esempio la Casa sulla Cascata, e scomporne gli elementi fondamentali ordinandoli in modo originale e facendo in modo che l’essenza di quell’architettura rimanesse percettibile anche attraversando questa galleria, disposte lungo un circuito, a forte velocità. Ancora una volta il paradosso guida l’analisi progettuale: da una parte lo studio di un caso esemplare, l’attenzione ai particolari, un processo lento e meticoloso di studio che porta poi a produrre un manufatto rinnovato che un visitatore deve attraversare ad alta velocità e che deve offrire la propria essenza intatta anche in questo transito rapidissimo. Merlini, dunque, nel suo ciclo di seminari consegna una chiave di lettura e di progetto inusuale, abbastanza distante dall’accademia più integrale, che risulta, però, felicemente efficace e guidata da una straordinaria lucidità di analisi interessantissima da sperimentare.
Matteo Trincas
CultArch
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