Il IX ciclo della scuola annuale di urbanistica di Eddyburg è iniziata con il seminario “Le città metropolitane tassello essenziale del governo pubblico del territorio”, tenutosi dal 22 al 24 ottobre con la partecipazione di oltre quaranta professionisti di tutte le età (da studenti IUAV a docenti e urbanisti di grande esperienza) che si sono ritrovati a Sezano (Verona) ospiti dell’affascinante Monastero del Bene Comune. Anche Sardarch era presente.

Il tema scelto è legato a una delle riforme che più cambierà il modo di governare il territorio delle nostre città. Il governo Letta, anche stimolato dalla programmazione 2014-2020 dell’Unione Europea che destinerà il 5% dei finanziamenti per le aree urbane, sta varando una riforma del decentramento che superi le province come le abbiamo conosciute finora (individuate come capro espiatorio della mala gestione delle politiche pubbliche territoriali) e istituisca le città metropolitane.

Sono tredici le città metropolitane che dal 1° gennaio 2014 sostituiranno le rispettive province (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria più le siciliane Catania, Messina e Palermo) e tra queste non rientra Cagliari perchè, pur essendo stata individuata da una prima legge statale e regionale (LR 4/97) aveva bisogno di una legge regionale istitutiva (essendo a statuto speciale). Colpevolmente, il Consiglio Regionale sardo finora è stato in tutt’altre questioni affaccendato, rischiando di danneggiare non poco Cagliari e tutta la Sardegna per un ritardo inspiegabile nonostante le varie  sollecitazioni.

Nonostante i ritardi della politica regionale è importante anche in Sardegna approfondire il tema e farsi trovare pronti a svolgere un ruolo di guida rispetto all’area vasta nel processo che porta alla costituzione della città metropolitana come sottolineato dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, durante la relazione sui due anni di mandato.

Cagliari città metropolitana

La definizione di un nuovo livello di governo del territorio riporta infatti al centro dell’attenzione l’importanza della pianificazione di area vasta. Edoardo Salzano per questo va al cuore del problema e chiarisce subito perché serve la pianificazione d’area vasta:

  1. la pianificazione è necessaria perchè le trasformazioni del territorio sono effetti di cause e di interessi diversi che devono rispondere a una coerenza;
  2. in un regime democratico (secondo cui in cui gli abitanti sono resi responsabili dei destini del pianeta e debbano concorrere alle trasformazioni) la pianificazione deve essere democratica;
  3. esistono una serie di problemi che si esprimono a scale differenti per cui i livelli esistenti non sono sufficienti per l’interscalarità delle decisioni.

Proprio la multiscalarità è un principio fondamentale perchè a ciascun livello si vedono cose differenti e le relazioni del territorio devono avere una coerenza che metta insieme le diverse ottiche specialistiche, affidando al livello dell’area vasta il disegno dell’assetto del territorio, l’integrazione intersettoriale per far dialogare le politiche settoriali e la pianificazione urbanistica.

La preoccupazione è però che questa riforma oggi stia avvenendo in assoluta assenza di un dibattito pubblico, che è utile parta dall’analisi delle esperienze di governo sovracomunale che si stanno attuando fuori dal territorio italiano.

Secondo la professoressa Maria Cristina Gibelli, il governo Letta sta lavorando a una legge di riordino dell’architettura istituzionale che sembra condizionata più da obiettivi ideologici che trovano nella “provincia” il capro espiatorio di un sistema istituzionale che non funziona correttamente, che non da un approfondimento dei processi che porteranno al suo superamento.

In Europa e nel mondo ci sono tanti esempi di buone esperienze costruite dal basso con un lungo processo di apprendimento collettivo e di strategia di messa in rete (Francoforte, Amburgo, Portland). Le communautès urbaines francesi previste nella riforma del decentramento di Sarkozy e a cui sta lavorando il governo Hollande sono un’esperienza a cui possiamo riferirci: nel 2013 in Francia vengono istituiti i governi metropolitani in seguito all’istituzione di alcune metropole a statuto particolare (Paris, Lyon, Aix-Marseille) e all’individuazione di criteri e misure per altre communautès urbaines. Importante per la legge di riforma francese è stato individuare da una parte le competenze e dall’altra le risorse finanziarie per l’attuazione delle città metropolitane.

Le competenze loro assegnate sono la pianificazione spaziale, le politiche per la casa, la tutela e valorizzazione dell’ambiente, le politiche urbane, i grandi progetti di trasformazione urbana, l’edilizia economica e popolare.

Le nuove entità hanno un presidente e un consiglio metropolitano eletti a suffragio universale, una conferenza metropolitana dei sindaci, un conseil de developpement (luogo in cui si riuniscono i partner economici e sociali dell’area metropolitana) che devono stipulare, nei primi sei mesi dall’elezione un patto di coerenza metropolitano.

Un esempio da guardare con attenzione e rispetto al quale stimolare il governo a una programmazione più attenta dei processi che dovranno accompagnare questo cambiamento.

Iniziamo a parlarne nell’attesa di poter vedere anche Cagliari tra le città metropolitane italiane, perchè con i suoi 150mila abitanti a fronte di un’area vasta di 400mila e i servizi di livello sovracomunale che ospita nel suo territorio, ha tutte le caratteristiche e le esigenze per l’istituzione di questa entità sovraordinata.