E’ la prova che si può avere un’architettura all’avanguardia e moderna senza slegarsi dal contesto, dalle tradizioni e dalla sostenibilità.
“Il premio pritzker più politico della storia” .
Wang Shu, difensore della tradizione contro la rapida distruzione e l’irrefrenabile crescita delle città del suo paese, riceve il massimo premio in architettura.
Tra il 1999 e il 2000 Wang Shu (1964) non aveva lavoro. Non voleva entrare nel mondo accademico né dedicarsi alla politica e decise di tentare la fortuna nello “scalino più basso della società”, come spiegò l’architetto due anni fa nell’ultima Biennale di Venezia. Questo scalino era l’edilizia, con orari di lavoro dalle otto a mezzanotte. Shu comprese che la tradizione é continuità e trovó il tempo per studiare le tradizioni artistiche e filosofiche di altre culture. Una decade gli é stato riconosciuto il Premio Pritzker. Ora sono i suoi quattro collaboratori a portarsi a casa il lavoro di studio della tradizione, attraverso cui possono essere in grado di prendere decisioni come quella di riposizionare e riciclare il materiale di un edificio ogni vent’anni o come quella di non costruire le fondazioni in cemento per non ferire il territorio.
Il Premio Pritzker 2012 é molto più che un semplice riconoscimento delle opere realizzate da Shu durante la sua carriera, é un premio che ha deciso di indicare quali devono essere le vie di progettazione per il futuro. Il premio ad un noto architetto cinese che lavora e si batte nel mezzo alla scandalosa corsa del proprio paese verso un supposto progresso, é certamente un segnale importante. Quest’anno era già noto che il premio sarebbe stato consegnato a Pechino. Una giuria composta da progettisti “periferici”, (Aravena, Pallasmaa, Murcutt, non solo per la propria provenienza, ma soprattutto per il proprio punto di vista sociale e culturale dell’architettura), ha optato per lanciare un messaggio politico lanciando nello star system, un architetto che alla biennale di venezia si scaglió duramente contro la distruzione del patrimonio della proprio territorio e che si pone a favore dell’architettura “poco professionale” realizzata dalla gente e frutto di partecipazione. “Non tutto il futuro é High Tech. La tradizione di può realizzare con tecniche moderne” .
Molto più che farlo coerentemente attraverso il proprio lavoro, Wang Shu non ha mai smesso di lanciare messaggi: “Non basta fare cose popoloari. La Cina può indicare la via della responsabilità al mondo”. Mentre il suo paese si decide in questo cammino, Shu cerca di dimostrarlo. Anche in Cina. Il suo Museo della Storia di Ningbo – che lui stesso definisce come una montagna – é in realtà un monolite innalzato a partire dai resti delle pietre provenienti da edifici che nella stessa città erano stati demoliti. In questo edificio, l’architetto ha messo a prova le proprie idee in difesa della partecipazione accettando che gli operai potessero decidere la composizione finale delle pietre, nello stesso modo aleatorio attraverso cui gli abitanti della zona sono soliti ricomporre i mattoni delle proprie residenze in seguito a uno dei frequenti tifoni.
Wang Shu fonda nel 1998 insieme a sua moglie, l’architetto Lu Wenyu, lo studio Amateur Architecture che, già dal proprio nome, difende un ritorno alla non professionalizzazione della disciplina architettonica assicurando che la partecipazione dei futuri utenti garantirà la conservazione dell’edificio e la possibilità che tutto il pianeta possa conoscere una architettura più umana. É sicuramente una occasione persa quella di una giuria che ha avuto tanto coraggio e visione ma che allo stesso tempo non ne ha avuto abbastanza nel decidere di non premiare anche la socia e moglie di Shu, come si fece due anni fa in occasione del Pritzker riconosciuto a Kazuyo Sejima in cui venne premiato anche il suo socio Ryue Nishizawa.
Con Lu Wenyu nelle vesti della nuova Denise Scott Brown – ignorata dal Protzker al momento di premiare il suo socio e marito Robert Venturi – il prestigioso riconoscimento lancia due segnali . Da un lato premia un architetto che ha denunciato il lato oscuro di una professione che si fa complice della distruzione del territorio e che reclama una via sostenibile che si sviluppi armoniosamente attraverso la cultura e il luogo. D’altra parte, perde l’opportunità, proprio in un paese come la Cina, di dimostrare che il lavoro delle donne e degli uomini deve essere riconosciuto allo stesso modo. I quattro dipendenti dello studio sono costantemente richiamati ad ascoltare frasi dei propri capi come: “L’umanità é più importante dell’architettura” o “un edificio che non include le persone é insignificante”. Wan Shu, che si é formato accademicamente in Cina, dal suo studio a Hangzhou, a 170 Km da Shangai, solo ha costruito in questo paese e incita, anche attraverso la sua pagina web, a costruire con “naturalità, spontaneità, temporaneità, e se é necessario in maniera illegale”.
fonte : http://cultura.elpais.com/cultura/2012/02/27/actualidad/1330374250_504997.html
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