Anatxu Zabalbeascoa (Barcelona, 1966), periodista e historiadora especializada en arquitectura, trabaja como crítica para el diario El País. En paralelo escribe periódicamente en el blog ‘Del tirador a la ciudad’ y es autora de varios libros de arquitectura, entre otros, Las casas del siglo (1998), Vidas construidas (1998) o Minimalismos(2001), Todo sobre la casa (2011) todos ellos publicados por la Editorial Gustavo Gili.
- No sólo en la arquitectura el uso de los blogs está tomando creciente importancia: ¿Cuál es el gran potencial de esta herramienta y cuál es el nivel real de participación de los usuarios? En el futuro podría sustituir a los canales tradicionales como las revistas en la forma de difusión de la información en la arquitectura?
Sé poco de blogs. Apenas alcanzo a seguir alguno. Pero el hecho de que un periódico tenga varios entre los que elegir supone dos cosas:
a. Que quien lo escribe ha sido elegido por el periódico y, por lo tanto, ofrece ya un filtro ante otro nuevo y desconocido -que podría ser mejor, pero también peor- yb. La tendencia de la información a fraccionarse hasta hacer que el usuario pueda llegar a hacer un menú a la carta.
Internet, las webs y los blogs ¿sustituyendo a las revistas? Podría ser. Internet ofrece la posibilidad de colgar vídeos por ejemplo. Y el acceso, de momento, es gratuito. Pero al final, en la pantalla o sobre el papel, lo que importa son los contenidos. Uno busca interesarse y también información fiable o alguien que le seleccione entre el exceso de información. La confianza de un lector es la misma.
- El blog “Del tirador a ciudad” se inspira en una visión de la arquitectura que involucra a todos los ámbitos de la vida de un ciudadano ofreciendo una visión menos técnica y, sin duda, más sociológico y poética en algunos aspectos. Podemos considerar su postura como una llamada a los arquitectos en salir de las discusiones entre profesionales de la arquitectura para llegar a hablar el mismo lenguaje del ciudadano común con el fin de “socializar la calidad de la arquitectura”?
- El arquitecto siempre ha impuesto su visión de la ciudad a través del proyecto, que requiere su tiempo de gestación. En una época en la que es cada vez más urgente reducir la brecha entre los que deciden y los que “sufren” las decisiones, y donde el factor tiempo es determinante, el arquitecto debe cambiar su función y su forma de proponer el proyecto?
No soy quien para decir a nadie lo que debe hacer, igual ni siquiera sabría hacerlo, pero sí tiene sentido aprovechar hoy la información y la conexión entre sectores y realidades sociales diversos. La arquitectura no debería permanecer ajena a ningún cambio y, sin embargo, el 90% de la arquitectura debe simplemente permanecer. Y eso implica conocer los cambios pero no asumir la condición cambiante. O sí como solución para permanecer. Vivimos un momento de transición, ciertamente en los periódicos y en Europa por citar solo dos marcos. Vamos a ver grandes cambios y sería muy raro que la arquitectura, y la vida de los arquitectos, quedara al margen de esta mudanza.
Anatxu Zabalbeascoa é giornalista e storico specializzato in architettura, lavora come critica per il giornale “EL PAIS”. Parallelamente scrive per uno dei blog di architettura più seguiti in Spagna “Del tirador a la ciudad” ed è autrice di vari libri di architettura, tra cui, Las casas del siglo (1998), Vidas construidas (1998) o Minimalismos(2001), tutti pubblicati dalla casa editrice Gustavo Gili. Di recente uscita la sua ultima pubblicazione “Todo sobre la casa”.
- Non solo in architettura, l’utilizzo del mezzo blog sta assumendo sempre maggiore importanza: quali sono le maggiori potenzialità di questo strumento e qual è il reale livello di coinvolgimento degli utenti? Potrà sostituire in futuro canali tradizionali come le riviste nel modo di diffondere l’informazione in architettura?
Non conosco perfettamente il mondo dei blog. Riesco appena a seguirne uno. Però il fatto che un giornale disponga di vari tra cui scegliere presuppone due cose:
a. Che chi scrive è stato selezionato dallo stesso giornale e, dunque, vincolato a offrire un filtro rispetto ad un nuovo e sconosciuto, che potrebbe essere migliore o peggiore.
b. La tendenza del mondo dell’informazione é di suddividersi sino a fare in modo che l’utente possa arrivare a poter avere un “proprio menu”. Internet, il web e i blog possono sostituire le riviste?. Potrebbe essere. Internet offre la possibilità di caricare dei video ad esempio e l’accesso, al momento, è gratuito.Però in fin dei conti, che sia su uno schermo o su carta, ciò che importa sono i contenuti. L’utente cerca ciò che è interessante e una informazione affidabile o qualcuno che la selezioni tra l’eccesso di informazione di cui disponiamo. La fiducia del lettore è la stessa.
- Il blog “del tirador a ciudad” prende spunto da una visione dell’architettura che coinvolge tutti gli ambiti della vita di un cittadino offrendo una visione meno tecnica e indubbiamente più sociologica e poetica per certi versi. Possiamo considerare la sua una chiamata agli architetti ad uscire da dibattiti e discorsi tra esperti settoriali per arrivare a parlare lo stesso linguaggio del cittadino comune in modo da “socializzare la qualità dell’architettura”?
- L’architetto ha sempre imposto una sua visione della città attraverso il progetto, che richiede un suo tempo di gestazione. In un epoca in cui si fa sempre più pressante accorciare le distanze tra chi decide e chi “subisce” le decisioni, e in cui il fattore tempo risulta determinante è necessario che l’architetto cambi la propria funzione e il suo modo di proporre il progetto?
Non sono nessuno per dire agli altri ciò che devono fare, non saprei nemmeno farlo, però sicuramente ha senso sfruttare le potenzialità odierne dell’informazione e la connessione tra settori e realtà sociali diverse. L’architettura non dovrebbe essere aliena ai cambiamenti e, nonostante questo, il 90% dell’architettura deve semplicemente conservarsi. Viviamo in un momento di transizione, certamente nei giornali e in Europa, tanto per citare solo due contesti. Assisteremo a grandi cambiamenti e sarebbe anomalo se l’architettura e la vita degli architetti rimanessero ai margini di queste trasformazioni.
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